Tempi duri, anzi durissimi

Viviamo un’epoca sospesa, carica di contraddizioni e tensioni silenziose. La modernità ci accoglie con le sue luci abbaglianti, ma allo stesso tempo ci spinge nel buio di una disillusione che serpeggia sottopelle. Tempi duri, sì, ma non necessariamente tempi perduti. In questa realtà complessa, dove l’economia ondeggia su equilibri instabili, la politica appare frammentata e la natura lancia segnali sempre più urgenti, ci ritroviamo come funamboli su un filo sottile, in bilico tra speranza e resa. È come se il mondo intero fosse attraversato da una crepa invisibile che divide non tanto ciò che accade, quanto il modo in cui scegliamo di guardarlo. Da un lato, chi vede il bicchiere mezzo vuoto scorge solo declino, alienazione, disincanto. Dall’altro, chi lo vede mezzo pieno intravede ancora margini di luce, possibilità da cogliere, significati da ricucire. La nostra è una società che esige molto e restituisce poco. Chiede velocità, prestazione, perfezione. Il progresso tecnologico, che pure ci ha donato strumenti straordinari, ha impresso un’accelerazione che ci ha tolto il respiro. Tutto si consuma in fretta: il lavoro, le relazioni, persino il tempo interiore. La vita si trasforma in una gara senza arrivo, in cui il prossimo obiettivo cancella il presente ancor prima di poterlo vivere. Nel frattempo, i sentimenti scivolano sul fondo. Relegati a margine in nome dell’efficienza, vengono soppressi, ignorati, fraintesi. In un’epoca in cui si parla tanto di connessione, la vera connessione — quella emotiva, profonda, empatica — si dissolve nell’illusione dei social, in relazioni che spesso si fermano alla superficie di uno schermo. E così l’umanità si fa fragile, i rapporti diventano evanescenti, il cuore smette di parlare. Ma i tempi duri non sono soltanto sinonimo di crisi. Sono anche occasione. In mezzo al disorientamento, possiamo riscoprire ciò che conta davvero. Possiamo rallentare, imparare a stare. Ascoltare. Osservare. Possiamo scegliere di non vivere solo per produrre, ma per sentire. Possiamo decidere di tornare all’essenza delle cose, alla verità che alberga nel silenzio, nei piccoli gesti, negli sguardi sinceri. È lì che la speranza trova terreno fertile. Chi vede il bicchiere mezzo pieno non nega le difficoltà. Le riconosce, le affronta, ma le attraversa con lo sguardo puntato oltre. Vede nella tecnologia uno strumento, non un padrone. Vede nella globalizzazione non una minaccia, ma un’occasione di scambio, di crescita, di contaminazione creativa. Vede nella fragilità dell’essere umano non un limite, ma una forma di bellezza. Forse è proprio questa la chiave: non combattere i tempi duri come se fossero nemici, ma attraversarli con consapevolezza. Imparare ad abitarli. Scoprire che dentro ogni difficoltà si nasconde una possibilità. Che anche nei giorni più incerti possiamo trovare rifugio nei legami autentici, nelle emozioni vere, nel coraggio di essere imperfetti. Alla fine, tutto si riduce a una scelta. La realtà resta la stessa, ma la narrazione che ne facciamo può cambiare il nostro modo di viverla. E se è vero che il mondo è pieno di crepe, allora — come scriveva Leonard Cohen — è da lì che entra la luce. 

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3 risposte a “Tempi duri, anzi durissimi”

  1. grazie Massimiliano…
    il tuo scritto è bellissimo… lo trovo pieno di poesia…

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  2. Bella la tua riflessione.
    Molto bella, anche la ripresa della frase di Cohen, ma io che resto testardamente convinta da “vispa teresa” forse ingenua credo che in questi tempi cupi dobbiamo certo ascoltare, fermarci,ma ad un certo punto “agire”, nei modi e nei tempi che ognuno di noi ha.
    Anche scrivere e comunicare e’ “agire”, forse una goccia nel mare, meglio che almeno quella goccia ci sia.
    Un saluto 🌺♥️

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  3. Lasciamola entrare tutta la luce!

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