“Dolcetto o scherzetto?” Un tempo era solo una domanda innocente, il preludio a una caramella o a uno scherzo. Oggi è diventata la formula che riassume perfettamente la società in cui viviamo. Viviamo in un gigantesco Halloween permanente, dove tutti bussano alle porte degli altri — social, commerciali o politiche — chiedendo il proprio piccolo premio zuccherato, fingendo di non sapere che lo scherzetto è già incluso nel pacchetto. Perché, diciamocelo: ogni dolcetto ha il suo retrogusto amaro. Ci offrono “benessere”, ma in cambio prendono il nostro tempo. Ci promettono “connessioni”, ma ci isolano dietro a uno schermo. Ci vendono “libertà di scelta”, ma scelgono per noi, con un algoritmo che sa esattamente quando abbiamo fame, sonno o bisogno d’affetto. Siamo diventati una società di bambini travestiti da adulti, che bussano alle porte del mercato globale con il cestino in mano. Ogni like è un cioccolatino, ogni notifica una liquirizia, ogni pubblicità un dolcetto confezionato con carta luccicante. E quando la scatola si rivela vuota, fingiamo stupore. “Oh, uno scherzetto!”, ridiamo — ma dentro, un po’, ci resta l’amaro in bocca. Il paradosso è che ci piace essere ingannati. Vogliamo credere che dietro ogni promozione ci sia un affare, dietro ogni post un’amicizia, dietro ogni sorriso uno slancio autentico. Non vogliamo la realtà, vogliamo la sua versione filtrata, colorata, dolce. Il nostro zucchero quotidiano è la menzogna patinata del benessere universale. La società del “dolcetto” funziona perché abbiamo paura dello scherzetto vero: la solitudine, la noia, la riflessione, il silenzio. Nessuno vuole più bussare alla porta della verità, perché lì non c’è cioccolato, ma solo uno specchio. E quello specchio ci rimanda un’immagine che non ha filtri, non ha like, non ha sconto del 30%: noi stessi, nudi di illusioni. Nel frattempo, il grande banchetto del consumo continua. Ogni giorno, milioni di persone aprono le loro porte digitali e si riempiono le mani di piccoli premi simbolici: un’offerta lampo, un gadget, una rassicurazione morale. Ma dietro l’angolo c’è sempre il marketing col sorriso — il nostro moderno “mago dei dolcetti” — pronto a offrirci la prossima caramella tossica. Ci siamo talmente abituati al dolce da non riconoscere più il sapore del vero. Chi dice la verità, oggi, sembra amaro. Chi parla di lentezza, di sobrietà, di autenticità, appare come lo zio scorbutico che rovina la festa. Eppure, forse, solo chi osa lo scherzetto — quello autentico, quello che smaschera il gioco — può ancora ricordarci che vivere non è solo consumare, ma scegliere. Perché il vero scherzetto non è il trucco pubblicitario o la promessa mancata. È l’illusione di credere che il mondo ci debba sempre un dolcetto. La vita non è una porta a cui bussare in attesa del premio: è una strada da percorrere, spesso al buio, a volte sotto la pioggia, ma reale, viva, concreta. E forse, proprio lì, lontano dai pacchetti colorati, scopriamo il gusto autentico delle cose. Il segreto, allora, non è smettere di cercare dolcetti. È imparare a riconoscere gli scherzetti e ridere di loro. È smettere di prenderci troppo sul serio, ma anche di credere che ogni zucchero sia un dono. Perché dietro ogni dolce promessa c’è sempre una verità che aspetta, travestita da scherzo. E se la prossima volta qualcuno ci chiederà “Dolcetto o scherzetto?”, forse potremo rispondere con un sorriso disarmante: “Grazie, ma ho già fatto indigestione.”
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