C’è un proverbio cinese che recita: “Impara a cavartela da solo e non dipendere mai da nessuno nella vita… perché anche la tua ombra ti abbandona quando sei al buio”. Una frase che, come il silenzio in una stanza affollata, colpisce nel profondo. Non è un semplice aforisma, ma un monito, un sussurro antico che si fa largo tra le pieghe della nostra esistenza moderna, sovente troppo comoda, troppo affollata di appigli esterni, troppo smaniosa di conferme altrui. Chi ha pronunciato queste parole, forse, aveva già percorso i sentieri della solitudine, quelli dove nessuno ti porge la mano e il cammino è tutto tuo, con le sue pietre e le sue discese, ma anche con l’incomparabile soddisfazione dell’arrivo. Perché, diciamocelo, chi sa bastare a se stesso non è mai davvero solo. L’autosufficienza non è una condanna, ma una forma d’arte. È l’arte di conoscersi, di fidarsi del proprio giudizio, di non crollare quando il mondo gira le spalle e perfino l’ombra, fedele compagna diurne, decide di non farsi vedere. In quel buio, è la tua luce interna che deve accendersi. E se hai imparato a camminare da solo, anche nel buio, troverai la via. Viviamo in tempi in cui la dipendenza affettiva è spesso travestita da amore, l’assistenza costante da premura, l’incapacità di decidere da condivisione. Ma l’indipendenza non esclude il legame: lo nobilita. Non si tratta di chiudersi in una torre d’avorio, ma di sapere che, se la torre crolla, tu saprai costruire un rifugio anche con i detriti. E magari con un bel tappeto, perché anche l’autosufficienza ha diritto a un po’ di comfort, no? Non a caso, i grandi pensatori della storia hanno spesso trovato ispirazione nella solitudine, non nella folla. Lontano dal rumore, si affina l’ascolto interiore. E mentre il mondo cerca followers, chi si basta da sé trova senso anche nel silenzio. Paradossale? Forse. Ma anche terribilmente vero. Dipendere sempre da qualcuno è come camminare con una stampella che non è tua. Prima o poi, se quella stampella viene meno, ti ritrovi a terra. Invece, chi ha fatto della propria autonomia una compagna fedele, può inciampare, certo, ma si rialza con la sicurezza di chi conosce bene le proprie gambe. E vogliamo parlare della soddisfazione? Quando riesci da solo, anche il più piccolo traguardo diventa un Everest conquistato a mani nude. E ti guardi intorno, magari con un sorriso mezzo ironico, mezzo fiero, pensando: “Ce l’ho fatta. Senza ombre, senza stampelle, senza cori di approvazione”. Questo non significa vivere nella diffidenza o nel sospetto, ma coltivare una forza interiore che ti rende libero. E la libertà, si sa, è una delle poche cose che vale davvero la pena difendere con le unghie e con i denti. Anche perché, a volte, nella vita capita che non solo la tua ombra ti abbandoni, ma anche chi diceva di amarti. E allora? Allora, ti ritrovi con te stesso. Ma se quel “te stesso” lo hai curato, nutrito, rispettato, sarà più forte di qualsiasi assenza. Sarà il tuo faro, la tua ombra autonoma, la tua compagnia silenziosa. Perciò, impara a cavartela da solo, non perché gli altri non valgano, ma perché tu vali. E anche se questo percorso può sembrare freddo, duro, persino un po’ solitario, è in realtà l’unico che garantisce la libertà autentica: quella di non dipendere da nessuno, nemmeno dall’ombra. E se ogni tanto, in mezzo al cammino, ti scappa un sorriso per la tua caparbietà, per la tua forza, per quella battuta che solo tu capisci… beh, sorridi pure. Te lo sei meritato. Perché ce l’hai fatta. E lo rifarai.
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